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Stress da blog: i blogger rischiano la morte?

“Internet, la morte arriva col blog”, questo è il titolo dell’inquietante articolo pubblicato da ANSA. La Causa? Lo stress.

…lo stress di tener aggiornato 24 ore su 24 un ‘diario on line’ combinato con l’assenza di esercizio fisico e di sonno e con una dieta irregolare e malsana, sono un cocktail potenzialmente letale che ha cominciato a mietere vittime nel mondo del web…

Si citano casi di blogger morti o colpiti da infarto, si parla dell’enorme pressione a cui i blogger professionisti (soprattutto americani) sono sottoposti, si riporta il caso di Michael Arrington, fondatore e direttore di TechCrunch, che è ingrassato di 15 chili in tre anni e che ha attribuito allo stress da blog il fatto che ora soffre gravemente di insonnia.

In effetti un blog di successo può certamente incanalarti in un circuito vizioso dove ci si sente quasi obbligati a sfornare post quotidiani e quindi a reperire continuamente informazioni, filtrarle e proporle con un tuo stile personale.

Non solo, c’è anche la gestione tecnica del blog, il rapporto con i lettori, con gli altri blogger, tutta la rete sociale di relazioni che nel tempo si creano e che a volte ci sopraffanno.

Certo se si eccede, se ci si siede 14 ore al giorno di filata davanti al pc, se si comincia a consumare i pasti davanti allo schermo, qualche problemino salterà sicuramente fuori.

In ogni caso nell’articolo si parla soprattutto di blogger professionisti, specie che in Italia non esiste perché anche chi campa di internet nel nostro Paese non è soltanto un blogger ma spesso anche giornalista o editore di piccole o grandi testate online.

Io, nel mio piccolo, ho pensato bene di dare più importanza alla mia salute e, anche se talvolta mi sento un rimbecillito con l’ansia da post, questo fine settimana ho spento il computer e ho pensato bene di stendere le mie stanche membra al sole. Per tre giorni ho chiuso con i blog, con la solita confusa e noiosa blogorrea quotidiana.

Mi sono connesso via laptop (e N95) soltanto qualche ora sopratutto per leggere la posta.

Il tempo è stato bello, l’odore del mare era forte e non c’era ancora nessuno…


Blogger che muore non va in paradiso



Leggendo questo post in un blog spagnolo, sebbene datato, sono rimasto molto colpito.

Perdonatemi dunque se per una volta non parlerò di web 2.0 o dell’ultima diavoleria della rete.

E’ un po’ di tempo infatti che mi viene da pensare, alla notizia di un decesso, a che cosa può accadere ad un blog nel momento in cui il suo autore, per cause drammatiche, non può più continuare a redigerlo. Esso inevitabilmente cadrebbe in mano altrui.

Vi racconto brevemente la storia di Simon, un blogger americano assassinato nel maggio del 2005.

La polizia ha potuto arrestare l’assassino perché prima di morire lo sventurato ragazzo diciannovenne nomina il suo boia nell’ultimo post: “Il ragazzo di mia sorella è qui, sta fumando e girellando dappertutto, spero che se ne vada al più presto”.

Questo è stato il suo testamento: soltanto il tempo di cliccare il bottone per pubblicare l’articolo prima di essere ucciso.

L’assassino ammazzò anche la sorella e se ne andò tranquillo a vedere la semifinale dell’NBA. Pensava di non aver lasciato tracce del suo crimine efferato, ignaro che Simon lo aveva menzionato nel suo blog alle 5.05 del pomeriggio, mentre si era impossessato di casa sua fumando, mezzora prima di eliminarlo.

Quel post è stato la vendetta postuma al suo crimine.

Simon era un ragazzo come tanti, appassionato d’informatica, che scriveva regolarmente. Il suo penultimo post aveva avuto 10 commenti. L’ultimo, nel momento in cui scrivo, 4261…

I commenti post-mortem lo hanno reso in qualche modo famoso.

Una brutta storia di cronaca, come tante altre purtroppo, che m’induce a una effimera riflessione.

Quando muore un blogger muore anche la possibilità di modificare il suo blog, esso cessa di appartenere ad una persona viva cominciando a diventare patrimonio di un fantasma e di quanti continuano a redigerlo attraverso i commenti.

Mi viene da pensare che, col tempo, la rete sarà piena di blog privi di un padrone che non potrà più aggiornarli. Blog alla deriva, pieni di post sbiaditi e inconcludenti e di parole ormai prive di contenuto.

Forse i lettori non sapranno mai se il blogger è morto, penseranno che si è stancato o che non vuol più scrivere. Molte storie quotidiane rimarranno congelate, la morte si aggirerà in silenzio, osservando lo spider di Google aggirarsi nel codice.

Il tema, sebbene macabro, mi pare di straordinaria attualità. Un giorno il blog di nostro figlio avrà un link al nostro che non potremo più editare: è la maledetta realtà, non ci possiamo fare proprio nulla…

Cito tra tanti Matt Mullenvweg (creatore di WordPress, la piattaforma con cui edito queste pagine) che in un certo senso, soltanto pochi mesi fa, vagheggiava la tematica sostenendo (in modo molto più leggero del mio) che “entro venti anni ci sarà un presidente che oggi ha un blog e la gente tornerà a leggerlo per vedere ciò che aveva detto“.



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