Didattica a Distanza e diritto alla disconnessione ai tempi del Covid-19

Non sono uno psicologo, non sono un legislatore, sono solo un insegnante sovraccarico di responsabilità, a maggior ragione in questi tempi di emergenza dovuti al Covid-19, e come tale parlo delle mie sensazioni personali.

Sono anche un blogger della prima ora, un esperto di internet se volete. I miei siti sono online ormai dal lontano 2005, pertanto credo di avere una certa esperienza riguardo alle dinamiche di fruizione ed utilizzo del web.

Nasceva Twitter ed eravamo in quattro gatti a raccontare come funzionava, Facebook era un orto coltivato da pochi intimi lontanissimi fisicamente tra loro; il 6 ottobre 2010 veniva fondato Instagram ed io lo recensivo già il 16 ottobre di quell’anno in Italiano. Insomma, ne ho vista di acqua scorrere sotto i ponti…

In un mondo di grafiche 1.0, in cui i siti di interesse scolastico erano statici, pieni di luccichii, immagini glitterate e gif animate, noi eravamo quelli del web dinamico e condiviso, eravamo quelli del web 2.0.

Allora i blogger erano come gli youtuber di adesso, ovvero i primi a veicolare informazioni e a divulgare notizie nel web, ovviamente con velocità di connessione a 54 mps…

Eravamo le mosche bianche del web e, coincidenza del caso, alcuni di questi miei amici di un tempo lontano sono ora diventati addirittura dirigenti scolastici!

Fatta questa dovuta premessa e visto che parlo da osservatore a titolo personale, senza riferimento alcuno a persone che conosco direttamente, posso affermare che sono sbalordito e stordito dal flusso enorme di informazioni che in questo momento arrivano al mondo della scuola, soprattutto nei canali social, riguardo alla Didattica a Distanza e in particolare a noi insegnanti, al punto tale che non sono neanche più desiderate, non le controlliamo più, né le cerchiamo, siamo solo costretti a subirle.

Ė tutto un susseguirsi di webinar, tutorial, video, guide di ogni tipo, talvolta molto utili ma spesso superflui, fatti male e privi della tutela dei dati personali e della privacy delle persone coinvolte. All’improvviso siamo tutti diventati video maker ed esperti di cloud….

Si è innescata persino una dinamica di mercato tra le aziende del settore, che fanno bene a coltivare i propri interessi e a proporre soluzioni, e privati che fiutano una specie di tornaconto personale per incrementare il proprio business. 

I media ci informano che assistiamo a videolezioni con alunni che disturbano o a veri e propri casi di cyberbullismo nei confronti dei prof, danno notizia della condivisione dei link delle videoconferenze “aperte” nelle chat personali degli studenti al solo scopo di intromettersi per mostrare oscenità e turpiloqui, di genitori spioni e maleducati, di chi si è inventato account fake come operatore Google per entrare nel sistema, di presidi che fanno riunioni collegiali in video conferenza con tanto di votazione e delibere, di chi vuol abolire le vacanze scolastiche, il giorno libero e le feste comandate in nome della DaD e chi più ne ha più ne metta. Questo circuito vizioso è sotto gli occhi di tutti o almeno di chi lo vuol vedere.

I miei dubbi dunque sono questi: chi disciplina all’interno delle scuole il flusso delle informazioni? Sono stati fissati paletti sul sacrosanto diritto alla disconnessione? Ė  stata informata la comunità scolastica delle regole che l’istituzione si è posta o meno?

In ogni scuola, soprattutto, dagli Istituti Comprensivi in giù, considerata la diffusa (fino a ieri) idiosincrasia per l’informatica, ci sono figure di sistema che sopportano un cumulo di ruoli tecnologici molto pesante e non sempre riconosciuto: gestore del sito web, animatore digitale, funzione strumentale al POF, redattore di progetti PON, amministratore del cloud, tecnico informatico, formatore a distanza… Proprio come il famoso Mister Wolf di tarantiniana memoria!

Il peso della situazione di emergenza che viviamo, l’enorme carico di responsabilità, molto spesso ricade proprio sulle loro spalle, con conseguenze che non sono facili da immaginare neanche per chi vive la scuola da dentro.

Ė tutto un susseguirsi di telefonate, mail e chat: quella della DaD, quella del plesso, quella con i rappresentanti di classe, quella con i gruppi docenti, quella delle commissioni tecnologiche, quelle private dei colleghi e via dicendo. Insomma è un circolo vizioso che non ha mai fine, non ha orari, sempre disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 alla settimana. 

Dobbiamo essere sempre pronti a rispondere, anche fuori servizio, senza pensare che sia un’azione di disturbo, con la conseguenza che risulta ormai impossibile riuscire a conciliare il lavoro con la nostra vita privata.

Tutto questo è una follia che va regolamentata al più presto dalla normativa scolastica in modo serio, non solo dalla contrattazione integrativa d’Istituto: quel poco che ha già previsto il legislatore non basta più.

Sempre connessi, insegnanti e famiglie sono costretti a subire la perdita della propria intimità, della propria vita personale, affettiva e familiare. Il  tempo ci viene rubato, sottratto da una concezione dello smart working che di smart ha davvero ben poco. 

In ogni famiglia c’è un parente malato, ci sono bambini piccoli da accudire, ci sono vecchi da aiutare o affidati a badanti da sostenere, ci sono persone disabili, ci sono problematiche interiori di ogni genere, in un tempo in cui risulta difficile persino fare la spesa…

A mio avviso, è giunta l’ora di staccare la spina e di fare una pausa di riflessione profonda sul senso di questo burnout collettivo auto indotto, sul valore effettivo di tale euforia di massa, sulla forzata iperconnettività ed esposizione mediatica a cui siamo sottoposti. 

Noi insegnanti facciamo cose che non sono previste neanche lontanamente dal nostro contratto di lavoro e vige una grande incertezza sulle regole della privacy, mai labili e vaghe come oggi.

C’è inoltre da fare i conti col carico emotivo enorme da sopportare nel rapporto a distanza insegnanti-insegnanti, insegnanti-famiglie e nel dialogo insegnanti-studenti. Di fronte alle confidenze struggenti di una mamma impensierita e allarmata o alle preoccupazioni intime di un ragazzino, siete disposti a rinunciare all’empatia che si genera in questi momenti di difficoltà o la vostra coscienza vi dice che è  necessario rispondere in modo rassicurante ed esaustivo misurando attentamente le parole con un briciolo di umanità?

E poi, siamo così convinti che il nostro sforzo arrivi a tutti? Ricordiamoci che c’è chi può e chi non riesce, c’è chi non vuol essere nemmeno raggiunto, chi non ha i mezzi tecnologici per farlo, chi non possiede un computer, un tablet o una stampante e nemmeno una connessione ad internet. L’inclusione di tutti, il sostegno pedagogico alle famiglie (e spesso anche morale) sono obblighi etici irrinunciabili, per quanto mi riguarda.

In pratica le scuole al momento fanno solo una Didattica di Emergenza e non una Didattica a Distanza strutturata e (almeno in parte) pianificata dall’alto.

Se le tematiche del diritto alla disconnessione sono attuali da una manciata di mesi, ora più che mai, ai tempi bui della pandemia, diventano cogenti e improcrastinabili. 

C’è bisogno di tutela e di fissare limiti ben precisi, per il bene comune di tutti.

Scrivo questo post il 7 aprile 2020, giorno in cui viene annunciato il decreto scuola dovuto all’emergenza Covid-19, in cui la DaD viene indicata come unico sistema per concludere l’A.S. in corso e forse per iniziare anche il prossimo.

Il tutto in presenza di una normativa vaga e in costante aggiornamento, quando per stessa ammissione del ministro preposto si rivelano “lacune nella digitalizzazione” al vertice del Ministero, figuriamoci a ricaduta quali mancanze possono esserci negli USR, negli USP e nelle scuole stesse!

Mi chiedo allora, quali strategie e investimenti sono in programma per rimuovere gli ostacoli  e garantire l’accesso a internet a tutti? E se la DaD diventa pratica obbligatoria, quali mezzi e piattaforme lo Stato intende mettere a disposizione della comunità scolastica?

La Didattica a Distanza rappresenta ormai la chiave di volta nel mondo della scuola, un punto di non ritorno, e le mie sono solo alcune delle domande che presto avranno bisogno di risposte certe da parte delle Istituzioni.

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2 Risposte a “Didattica a Distanza e diritto alla disconnessione ai tempi del Covid-19”

  1. Dario dice:
    Pubblicato giovedì 9 Aprile 2020 alle 15:08

    Per aver detto le stesse cose sono quasi stato indicato come uno scansafatiche 🙂

  2. Alberto dice:
    Pubblicato venerdì 10 Aprile 2020 alle 08:25

    eccome se ti capisco…

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